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3 Concerti e 3 Capricci

note di copertina per il CD Bottega Discantica 146 “Concerti Italiani”


Le composizioni contenute in questo disco hanno in comune di essere state scritte da violinisti che hanno lasciato una traccia nella storia dell’insegnamento.

E se qualcosa accomuna gli autori è l’essere tutti di cultura italiana. Epoca, stile, sensibilità, e anche il ruolo che ognuno di loro ha recitato nella storia, sono diversi. Fiorillo è un nome che sarà poco noto ai più, altri invece sono nomi celebri.

La radice comune mi ha suggerito di cercare, se esiste, quel carattere condiviso nel modo di suonare che ha fatto parlare di una scuola italiana del violino, e l’appartenenza a epoche diverse, che vanno dai primi Settecento fino al Novecento, mi ha spinto a chiedermi se questo è un carattere che permane oppure che scompare.


Dovete sapere che i violinisti hanno cara la propria scuola e che la rivendicano con orgoglio, anche se a me pare lo facciano più che altro per abitudine, senza tanto chiedersi cosa sia una scuola e cosa abbia di proprio e caratteristico.

Quando non l’hanno cara, i più ingenui credono che basti poco per acquisirne un’altra. Non avete idea di quanti dicano di essere “di scuola russa” solo perché si sono sforzati di impugnare l’arco alla particolare maniera dei grandi artisti che si sono formati a quell’insegnamento.


Dicevo che gli autori presenti in questo disco sono legati alla didattica del violino. Alcuni, come Curci, sapevano di insegnare, altri più che insegnare sono stati presi a modello. Ma la ragione per cui la storia ricorda tutti loro è per come suonavano.

Dovrei dire, per maggior chiarezza, violinisti-compositori, non fosse che questa era la norma: non si dava il caso di un artista che non eseguisse musica propria. Quelle che potrete ascoltare sono dunque le composizioni che Viotti, Tartini e tutti gli altri eseguivano in concerto, la musica che ha dato loro fama, scritta a misura delle loro migliori qualità. Forse, il solo Fiorillo voleva scrivere uno studio - di quelli proprio da studiare - e gli è riuscito un pezzo amato dai virtuosi.


Fateci caso, spesso bastano pochi istanti per riconoscere un compositore. Se proprio non si può riconoscerlo si ha almeno un’idea del paese di provenienza. Non serve seguire la narrazione o cercare di riconoscere lo stile, spesso basta ascoltare il suono. Può accadere anche con musiche mai sentite. Non potrete mai scambiare il suono quartettistico di Haydn o il suono pianistico di Chopin, tanto per fare degli esempi, con quello di un altro autore. E non potreste immaginare quella musica senza quel suono.


Avete mai letto una genealogia di violinisti? Diamo un’occhiata, per curiosità.

Sembra che tutte le strade portino a Corelli.

Arcangelo Corelli, da Fusignano, visse a Roma, e molti e illustri furono suoi allievi, fra questi Geminiani e Locatelli. Geminiani lasciò l’Italia per l’Inghilterra, Locatelli diresse nel nord Europa, fino in Olanda.

Anche Viotti discende da Corelli, essendo allievo di Pugnani, che fu allievo di Somis, che fu, appunto, allievo di Corelli. Rodolphe Kreutzer e Pierre-François Baillot, fondatori con Rode della scuola francese, studiarono a Parigi con Viotti. Baillot fu allievo anche di un altro italiano, un tal Pollani, allievo di Nardini, a sua volta allievo di Tartini.

Anche il napoletano Curci discende da Corelli, via Pugnani, piemontese, passando per Angelo Ferni, che fu allievo anche dei belgi de Bériot e Vieuxtemps. Tanto per complicare, Curci fu allievo anche di Joseph Joachim, il violinista ungherese amico di Brahms.

Secondo il nostro ragionamento la scuola francese è dunque un po’ italiana. Più italiana o più francese? E Curci, invece, italiano dovrebbe esserlo un po’ poco.


La fisionomia del suono pare essere in relazione diretta con la lingua parlata. La lingua, in questo caso, conta più dell’educazione ricevuta. Un esempio. Isaac Stern possedeva quel suono bellissimo che è prerogativa dei violinisti russi, ma ha studiato il violino negli Stati Uniti, dove è emigrato da bambino. Il suono di Gidon Kremer non è un tipico suono russo, eppure Kremer ha studiato per lunghi anni a Mosca, addirittura con David Oistrach, il violinista russo forse più importante di sempre. La lingua-madre di Stern era il russo, lingua che ha continuato a parlare in famiglia, e la lingua-madre di Kremer, nato a Riga da una famiglia proveniente dalla Germania, è il tedesco. Forse in questo sta una spiegazione.


La lingua è una proiezione sensibile della cultura, la contiene. Possiamo conoscere molto di un popolo dalla sua lingua, dal suono della sua voce.

Se avete in mente la voce di uno Stradivari e quella di un Guarneri del Gesù converrete con me che sembrano esprimere il carattere di persone che abbiano una visione profondamente diversa del mondo. Come lo sguardo, il suono contiene tutta la ricchezza di una persona, non può nasconderla. Come lo sguardo, semplicemente, il suono comunica.


Fulvio Luciani





Gli autori dei tre Concerti.

Giuseppe Tartini (1692 – 1770) nacque a Pirano d’Istria. Avviato dal padre alla carriera ecclesiastica, ricevette un’educazione umanistica nella città natale e poi a Padova presso l’Università. Alla morte del genitore, Tartini buttò all’aria il suo futuro e sposò una violinista che dovette subito lasciare perché costretto a riparare ad Assisi per sfuggire al risentimento del cardinal Cornaro. Ad Assisi si dedicò allo studio del violino. Non fu quindi un violinista precoce. Tornato a Padova e ascoltato Veracini decise di ritirarsi di nuovo ad Assisi per perfezionare la tecnica dell’arco. La sua scuola a Padova richiamò allievi da tutto il mondo, tanto da essere chiamata la “scuola delle nazioni”. Insegnò per più di quarant’anni. Fu uomo colto, autore di importanti opere didattiche e teoriche.


Giovanni Battista Viotti (1755 – 1824), piemontese di Fontanetto Po, fu allievo di Pugnani, “primo dei primi violini” della cappella dei Savoia a Torino. Dopo aver viaggiato per l’Europa al seguito del maestro si stabilì a Parigi dove ebbe un successo clamoroso. Ebbe fama tale da meritarsi una considerevole pensione assegnatagli da Maria Antonietta. Nel 1793 decise di lasciare Parigi, diventata pericolosa, per Londra, dove tornò a fare concerti ed ebbe ancora grande successo. Poi fu in Germania, ancora a Londra e a Parigi, infine a Londra dove morì in povertà. Fu impresario teatrale e commerciante di vini senza fortuna.


Alberto Curci (1886 – 1973) è uno dei più importanti didatti italiani del Novecento. Il suo nome ancor oggi fa tremare i giovani violinisti che usano il suo metodo per lo studio del violino – quello che una volta avremmo chiamato un sussidiario - e le sue raccolte di studi. Fu brillante concertista in Europa e in Oriente, e si dedicò anche alla composizione. E’ autore di 3 Concerti per violino, oltre a composizioni da camera e ad alcune operette. Insegnò a Napoli, dove ha dato vita alla Fondazione Curci che aiuta i giovani e organizza un importante concorso di esecuzione violinistica. Ha il merito di aver tradotto e pubblicato in Italia le importanti opere didattiche di Carl Flesch e gli scritti di Joseph Szigeti.



Gli autori dei tre Capricci.

Come molti violinisti italiani, Pietro Antonio Locatelli (1695 – 1764), fece fortuna in Europa. Alla fine si fermò in Olanda, dove pubblicò le sue opere.

Fu uno straordinario virtuoso. Come il suo maestro Corelli, fu appassionato delle arti figurative e delle scienze. Alla sua morte lasciò una raccolta di incisioni e una ricca biblioteca. Fu anche commerciante di corde per strumenti ad arco.

I suoi Capricci sono nient’altro che le cadenze per i suoi Concerti dell’Opera III. Tolti dai Concerti, sono entrati nel repertorio didattico e alcuni di essi sono diventati notissimi pezzi da concerto.


I Capricci di Fiorillo sono nati effettivamente come raccolta a scopo didattico. Federico Fiorillo (1755 – 1823 ca.) nacque in Germania da una famiglia di musicisti di origine napoletana. Fu maestro di cappella a Riga, concertista di violino e mandolino a Pietroburgo, si esibì a Parigi e in Polonia, dal 1788 al 1794 visse a Londra dove fu solista di viola e violista del quartetto Salomon.


Quando si parla di Camillo Sivori (1815 – 1894), genovese, fatalmente si viene a parlare di Paganini. Dispiace, perché Sivori fu uno dei maggiori violinisti della sua epoca, acclamato in Europa e in America. Paganini ascoltò Sivori bambino, ne riconobbe il talento e decise di occuparsi della sua educazione violinistica. Personaggio misterioso, sospettato di commerci col maligno tanto inspiegabili apparivano la sua arte e la sua abilità, Paganini suonava a memoria forse anche per custodire i suoi segreti. La sua tecnica era del tutto nuova ed enormemente progredita per l’epoca. Sivori fu il suo unico allievo e, per quanto possibile, l’unico a poterne tramandare la lezione.