Auditorium di Milano Fondazione Cariplo, Largo Gustav Mahler
21 settembre 20134, ore 11.30
Romantico Bach 1
Johann Sebastian Bach: Sonata in sol minore per violino solo BWV 1001, versione di Robert Schumann con pianoforte
György Ligeti: n.1, n.4 e n.11 da Musica Ricercata per pianoforte (1951-53)
Johannes Brahms: Studio n.5 per la mano sinistra, sulla Ciaccona dalla Partita in re minore BWV1004
Johann Sebastian Bach: Sonata in mi maggiore per violino e cembalo BWV 1016
Fulvio Luciani, violino
Massimiliano Motterle, pianoforte
note di lavoro: carte in tavola
Guardare al passato è un’attitudine della nostra cultura. Nel passato si cercano radici e legittimazione, e al passato si chiedono risposte. Spesso, però, più che l’atto in sé conta la maniera di rivolgere lo sguardo, che è a misura delle domande, così che la realtà è più nell’occhio che osserva che nell’oggetto della sua osservazione.
Bach è un patrimonio fondante della nostra cultura, ma non è scontato osservare che il momento in cui ha iniziato ad esercitare la sua enorme influenza è molto posteriore alla sua vita. È stato a partire da un momento preciso, da un’esecuzione della Passione secondo Matteo diretta da Mendelssohn a Berlino nel 1829, quasi ottant’anni dopo la morte. Fino ad allora Bach era sostanzialmente dimenticato, noto agli studiosi ma senza un posto nella coscienza musicale dell’epoca.
Mendelssohn fu decisivo anche per la conoscenza delle musiche per il violino solo, i “Sei Solo a Violino senza Basso accompagnato” che oggi conosciamo come Sonate e Partite. La raccolta porta la data del 1720, durante il periodo trascorso alla corte calvinista di Cöthen, e fu pubblicata già nel 1802 in due diverse edizioni, ma per lungo tempo fu considerata non più che un repertorio di esercizi e i violinisti non ci si dedicarono. Si dovette attendere fino al 1840, ben più di un secolo dopo la composizione e decenni dopo la pubblicazione, per avere un’esecuzione della sola Ciaccona, oggi una delle pagine capitali dell’intera storia della musica, dal violinista Ferdinand David, in un concerto dedicato a Bach e Händel. David fu convinto da Mendelssohn solo con la lusinga di una parte di pianoforte a sostegno1, che rendeva la Ciaccona un pezzo da concerto più accettabile alla mentalità di un violinista della sua epoca. Mendelssohn sedette al pianoforte, ed era presente anche Schumann, a cui la cosa piacque tanto da decidere di scrivere una parte di pianoforte per l’intera raccolta, che pubblicò nel 1854. Il nostro ciclo è tutto costruito intorno a questa sua versione.
Scrivere un accompagnamento per dei pezzi per strumento solo sembra essere una importuna sovrascrittura di un testo invece perfetto. Ma l’intento di Schumann è unicamente di leggere queste musiche rifiutate, e di permettere che siano ascoltate. Così, il suo intervento - com’era stato anche per Mendelssohn - si limita a dare al pianoforte quel che serve a sciogliere i sottintesi armonici e contrappuntistici, come se stesse annotando i suoi commenti al margine della pagina. L’effetto è straordinariamente significativo: con poco più di una semplice armonizzazione noi ascoltiamo queste musiche così come le sentiva lui stesso, come se ci stesse guidando suonando con noi. Io la trovo un’esperienza emozionante. Non sufficiente a smuovere i violinisti, però, che ancora non presero a suonare le Sonate e Partite.
Dopo venne Brahms. Nel 1877 trascrive la Ciaccona per pianoforte, al numero 5 dei suoi studi per pianoforte. Lo fa quasi senza intervenire, eccezion fatta per due autentici colpi di genio. Il primo è di abbassare tutto di un’ottava, ciò che conferisce all’esecuzione un colore scuro e denso, del tutto coerente al carattere che conosciamo alla Ciaccona. Il secondo è di prescrivere l’esecuzione per la sola mano sinistra, una limitazione che spoglia il pianista dei suoi mezzi e lo mette in una condizione di fragilità simile a quella in cui è il violinista causa le difficoltà tecniche cui deve far fronte, dunque in una condizione umana corrispondente e che ha comunque il connotato dell’autenticità.
Ma quel che io trovo più significativo è l’idea stessa di trasferire la Ciaccona al pianoforte. Ciò che guida Brahms è, io credo, una sottile lettura della psicologia dei due strumenti: del violino, che è strumento abituato ad avere un apparato al proprio servizio e qui ne è drasticamente privato, e del pianoforte, che nel corso del tempo ha conquistato un’identità proprio nell’essere solo. È proprio la lettura al pianoforte, che paradossalmente viene prima della lettura allo strumento autentico, ad offrire, con Brahms ma anche con altri, una sponda ad un’impresa apparentemente non affrontabile dal violino, come se fosse necessario avere un esempio da seguire prima di addentrarsi in un territorio che psicologicamente è al di fuori del proprio controllo. Solo a fine Ottocento Joseph Joachim comincerà timidamente a suonare Bach a solo, mentre per molto altro tempo ancora continuerà l’uso di suonarlo accompagnato dal pianoforte, come farà, ad esempio, Fritz Kreisler.
Potrà urtare che la nostra percezione di queste musiche sia segnata da queste esperienze tutte ottocentesche e tutte legate al pianoforte, ma è ben chiaro che la nascita segna la vita, e a distogliere lo sguardo dalle circostanze in cui è avvenuta e dalle loro conseguenze non si fa altro che distorcere la realtà. È ben da qui che inizia la presenza delle Sonate e Partite nella nostra coscienza, anche se è una nozione che abbiamo rimosso. Così, abbiamo deciso di intraprendere un’operazione tralasciata da tutti, quella di conoscere questa straordinaria versione di Schumann, per cercare di misurare quanto di ciò che diamo per evidente della fisionomia e del contenuto di queste musiche e delle soluzioni di retorica interpretativa che adottiamo per interpretarle, non venga invece da qui e non sia il prodotto di una scelta individuale alla quale ancor oggi, per la pregnanza che ha, non sappiamo sottrarci. La nostra è una ricerca della fonte, non solo nel testo, che come abbiamo detto “appartiene” ad un’epoca ben successiva a quella in cui è stato steso, ma nel primo atto vitale che compie, nella sua prima percezione, presi per mano da uno dei più grandi geni visionari della storia della cultura musicale.
La realtà non è nelle cose ma in come le coglie lo sguardo che le osserva, ed esiste solo a condizione che quello sguardo vi si posi. Lo sguardo su Bach si posa nel secolo successivo al suo, un tempo enorme dopo la sua vita. In un certo senso, Bach è dunque un compositore dell’Ottocento; Mendelssohn, Schumann e Brahms ci sono stati necessari a conoscerlo, tanto da far dubitare che sia possibile, oggi, consciamente o meno, saper prescindere dalle loro esperienze.
Per chiudere il cerchio dovremmo, io credo, risvegliare la memoria di quel primo ascolto, per poter poi rivolgere lo sguardo direttamente e senza intermediari a questa straordinaria costellazione di opere e al loro autore. È, io credo, un passaggio che la nostra cultura non ha ancora del tutto compiuto.
Serviva mettere in tavola le carte per il nostro gioco, ed oggi ci siamo dedicati a questo. Mancano tante cose da dire, riguardo la scelta di usare sempre il pianoforte anche nelle Sonate per violino e cembalo, che costituiscono il secondo asse su cui si muove il nostro ciclo, o della scelta di accostare Bach a musiche anche molto lontane nel tempo e nel linguaggio ma che per qualche aspetto gli si apparentano e ne costituiscono in un certo senso una lettura. Lo faremo passo passo. Per ora, solo qualche indizio: fino a Mendelssohn Bach era considerato “un parruccone antiquato imbottito di erudizione” - letteralmente fino a Mendelssohn: è lui che lo scrive alla sorella! -, più un matematico che un vero musicista. Poi, l’aspetto combinatorio della sua arte ha iniziato ad esercitare il suo fascino. Nella scelta da Musica Ricercata di Ligeti, il primo brano è scritto su una sola nota, come a sondare le potenzialità della massima costrizione della scrittura, ed è presente un dichiarato omaggio al passato nel brano dedicato a Frescobaldi, un aspetto naturale nella nostra percezione di Bach, a cui si è sempre guardato da un’epoca diversa dalla sua, con l’attrazione che si ha per una cosa estranea e antica. Ne parleremo.
Fulvio Luciani
6 concerti dedicati a bach
romantico bach 1