Molti anni fa, noi studenti di Conservatorio facevamo fuori le nostre paghette da Ricordi, vicino alla Galleria, a comperare musica. Gli spartiti erano in cassetti rossi di plastica e si cercava da soli. C’era di tutto: le solite cose ma anche vere perle. Per anni ho rimandato di comprare l’anastatica dei Capricci di Paganini perché costava molto, così, un giorno non c’è stata più - era un’edizione a tiratura limitata: solo 1000 copie -, e se non me l’avessero regalata i miei allievi, molti anni più tardi, sarei ancora qui a pentirmi.
A quell’epoca acquistai una vecchia edizione dei Capricci di Sivori. Di Sivori non sapevo nulla; lessi i Capricci così come potevo, ma non ci capii un gran che e li lasciai perdere. Ogni tanto ricomparivano nelle rivoluzioni della mia libreria, un po’ più stropicciati.
Tempo dopo un amico pianista mi regalò una biografia: “Interesserà più a te”. Non la lessi. Ma quando si pose il problema di come completare un disco fu finalmente il tempo per due pagine di Sivori. Due di numero: il Capriccio n.5. E quando Naxos mi propose di fare un disco dedicato a un violinista-compositore dell’Ottocento, finalmente pensai che poteva essere Sivori e che dovevo saperne di più.
I violinisti sono degli ignoranti e io non faccio eccezione. Flavio Menardi Noguera, che aveva scritto la prima monografia moderna su Sivori, mi offerse il suo aiuto. Mi aiutò a procurarmi la musica e a sceglierla, ed ebbe pazienza quando con entusiasmo gli dicevo di aver scoperto qualcosa di straordinario che avevo dimenticato di aver letto nel suo libro; insomma, vegliò su di me. Scelsi il programma, i Capricci e tre pezzi con il pianoforte, e iniziai a prepararmi.
Studiai per più di un anno, duramente. A chi mi chiedeva cosa stessi facendo risposi: “Sivori” tanto spesso e tanto a lungo che pian piano la notizia non interessò più. Ma il mio era un lavoro esaltante.
Dapprima la presi per il verso del virtuosismo un po’ esibizionista, poi mi accorsi che non era quella la strada ma non mi sentivo di esserne sicuro senza avere l’opinione di qualcuno. Chiamai tre amici e suonai per loro, come prova generale del concerto organizzato dalla Fondazione Cini dove le musiche per il disco sarebbero state eseguite in “prima” mondiale - perché nemmeno Sivori aveva mai eseguito i Capricci tutti insieme e nemmeno La Génoise, uno dei grandi pezzi con pianoforte che avevamo scelto. Capii allora che quel virtuosismo era molto più che una questione di abilità tecnica, e quelle musiche assai più ricche e profonde di quello che io stesso, che ormai vivevo con loro, pensassi.
Dopo il concerto a Venezia Massimiliano ed io abbiamo registrato il disco. Subito dopo, Radio3 ci ha invitato a festeggiare la Festa della Musica - era il 2010 - con un’ora di trasmissione in diretta, e quando finalmente il disco è stato pronto Amadeus ha pubblicato un mio articolo. Siamo stati a Finale Ligure, cittadina particolarmente legata alla memoria di Sivori, e lì ho suonato tutti i Capricci una seconda volta. A Roma ne ho suonato una selezione all’Accademia Filarmonica, a Milano altrettanto, a Mantova ho tenuto un concerto-conferenza, uno dei miei concerti narrati a Palazzo Ducale. Finalmente, a Genova ho suonato ancora una volta tutti i Capricci, La Génoise e Folies Espagnoles, a Palazzo Tursi, questa volta sul violino che appartenne prima a Paganini e poi a Sivori, e che quest’ultimo suonò per tutta la vita - ho racconto l’emozione di questo incontro in un articolo per il Giornale della Musica. Intanto, era uscita la prima recensione internazionale del disco, per American Record Guide, che metteva con coraggio a confronto la musica di Sivori e quella di Paganini, e io finivo di mettere ordine all’edizione critica dei Capricci che sarà presto pubblicata da Ricordi.
Il 2015, anno in cui ricorre il bicentenario della nascita, si aprirà con la pubblicazione della mia revisione dei Capricci per Ricordi, e molto altro di significativo accadrà; e a me piace pensare che la memoria di Camillo Sivori sia finalmente pronta a trovare il posto che merita nella coscienza della nostra epoca.
Camillo Sivori, l’unico erede di Paganini
camillo sivori